CORTOMETRAGGIO

Giù le Maschere!
Il Cortometraggio nasce dalla creatività di un gruppo di ragazzi che si sono ritrovati ogni settimana alla fine delle loro ore di lezione...

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Introduzione alla visione del cortometraggio “Giù le Maschere!” del Gruppo “Un’oasi, ragazzi”

Il punto di partenza

Il Cortometraggio nasce dalla creatività di un gruppo di ragazzi che si sono ritrovati ogni settimana alla fine delle loro ore di lezione.

Il progetto, partito a settembre 2021, ha subito, a causa della pandemia, una sospensione di due mesi ed è poi ripreso a febbraio, fino ad aprile di quest’anno.

Nonostante i tempi ridotti (solo un’ora alla settimana), i ragazzi sono riusciti ad esprimere se stessi raccontando le esperienze della propria vita, in un tempo particolarmente difficile. Con immagini, suoni, musica, canto, testi, gli adolescenti presenti agli incontri hanno avuto l’opportunità di esprimere i propri sentimenti, i propri disagi e, contemporaneamente, la bellezza della vita e delle possibilità che questa offre.

Alla fine è nata l’idea di realizzare un cortometraggio. I testi sono nati dai racconti di vita e dalle loro esperienze quotidiane.

“GIÙ LE MASCHERE!”

Il titolo del cortometraggio è “Giù le maschere”. Uno slogan che ha rappresentato il filo conduttore di tutto il progetto, sviluppato dagli studenti in un’epoca nella quale tutti abbiamo bisogno di maggiore verità e autenticità. Bisogna “calare le maschere” (non solo quelle che abbiamo usato per il Covid) per far vedere chiaramente il proprio volto. Non sempre questo è possibile: spesso è proprio il nostro stesso stile di vita che non aiuta. Nella realizzazione del cortometraggio, si è pensato di “giocare” proprio sul concetto di “maschera” che in greco significa “persona”.

Finzione (la maschera) e realtà (la persona), infatti, si scambiano spesso i ruoli ed entrano in dialogo tra loro, come succede dietro ad un sipario.

Il Sipario

“Aprire il sipario”, per esempio, significa mostrare degli attori, delle maschere, ma nel momento in cui esse rappresentano qualcosa, non è detto che questo “qualcosa” sia finto. Al contrario, spesso l’attore, in un’opera teatrale, rivela la dimensione più autentica delle nostre personalità. E viceversa: succede spesso che delle persone, nella vita reale, indossino delle maschere invisibili…

Sipario, quindi, simbolo della vita!

Il cortometraggio si apre e si chiude proprio su un palcoscenico e il suo sipario. Comincia, infatti, con delle maschere e, alla fine, i volti finalmente si scoprono e tutto appare più reale, anche se, invece, darebbe l’impressione di vivere in un sogno

Il flusso di coscienza

Il cortometraggio è ricco di simboli e si propone con uno sfondo volutamente “surreale”.

Anche la trama del corto non presenta una “logica” e una “costruzione temporale” regolare (ve ne sarete accorti). Il racconto, infatti, segue la tecnica narrativa  del “flusso di coscienza” che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di un personaggio così come compaiono nella mente, senza essere riorganizzati logicamente in frasi.

Il flusso di coscienza viene realizzato tramite il monologo interiore in quelle opere letterarie dove emerge in primo piano l’individuo, con i suoi conflitti interiori, le sue emozioni, i suoi sentimenti, la vita psichica inconscia.

Non solo una storiella… c’è di più…

Non è la visione di una semplice storiella di due ragazzi che prima si guardano male e poi decidono di “mettersi insieme”. C’è di più…

Fin dalla scena iniziale, il cortometraggio potrebbe apparire come una critica all’istituzione  scolastica. Non si tratta di un’accusa nei confronti di coloro che vi lavorano con tanto amore e dedizione, ma vuole essere uno stimolo per tutti a ripensarla in modo diverso. Oggi i ragazzi si trovano spesso a vivere dentro una scuola sganciata dalla vita, ancora incapace di stimolare la loro curiosità e quindi il desiderio di apprendere a partire dalla realtà concreta. Quante volte i ragazzi, dopo avere imparato e ripetuto davanti all’insegnante quello che hanno appreso, dimenticano quello che hanno studiato!

Non hanno colto la coerenza tra quanto stanno studiando e la loro vita concreta.

Una scuola, poi, costretta a concentrarsi sulla valutazione numerica delle prestazioni, sulla misurazione, per quanto importante, rischia di non dare spazio alla capacità espressiva degli studenti e alla loro creatività.

Ci vorrebbe una scuola che “insegnasse ad imparare” e che stimolasse la capacità di “aprirsi alla conoscenza”.

Ma nel cortometraggio c’è molto di più, pur essendo breve (appunto “corto”) ci sono tantissimi altri spunti di riflessione sulla nostra vita e su come stiamo vivendo e soffrendo.

La competizione e l’ansia da prestazione

Cinque adolescenti su sette stanno vivendo delle situazioni di disagio.

Tutta l’esistenza oggi sembra segnata dalla cosiddetta “ansia di prestazione”: dalla scuola, al lavoro, alle relazioni sociali.

Complici le pretese di genitori che desiderano il massimo per i loro figli, di insegnanti per i quali ogni materia è ugualmente importante. Anche l’attività ginnica e sportiva e perfino l’uso smodato dei social network richiedono “alte prestazioni”. Ne sono coinvolti anche gli adulti…

Tutto giusto! Ma c’è qualcosa che non va…

Kevin (il protagonista) trova, infatti, la “via di uscita” per delle cose più concrete che non si sgonfiano in un attimo. Una bolla di sapone che diventa nella “pallonata” con un coetaneo il simbolo di una amicizia, in un momento di relazione “giocosa”.

Ma in una scena il pallone diventa anche una palla lanciata con forza, una “pallonata” verso Kevin e Alice, proprio quando quest’ultima aveva appena affermato che lo sport da lei praticato rinforza lo spirito di squadra. Nella vita arrivano anche le “pallonate” e nonostante tutto si deve imparare a sorridere ugualmente.

L’ultima “pallonata” viene data nel parco e in quel momento il pallone diventa uno “sguardo” che si apre al panorama circostante come se fosse un drone. Scendendo giù, poi, il pallone diventa un mappamondo attorno al quale eseguire una danza e trovare (di nuovo in teatro, come in un sogno…) la forza di “uscire”. Ma questa  volta Kevin e Giulia escono insieme.

Ormai le maschere non ci sono più: i volti sono scoperti e questa volta Kevin non esce più da solo, ma con Giulia e i due portano con loro due valigie… Dove andranno, visto che hanno puntato il dito sulla “rosa dei venti”?

Andranno solo a divertirsi, scapperanno dai problemi (di un mondo malato) o affronteranno un viaggio magari per aiutare qualcuno in qualche parte del mondo?

In queste scene c’è la speranza che i giovani (e non solo) sappiano cogliere la vita modo più  profondo e che, da una bolla di sapone, possiamo cambiare scenario verso un futuro migliore…

I ragazzi hanno una ricchezza straordinaria e i racconti presenti nel cortometraggio ne sono la testimonianza.

Diciamo spesso loro che hanno “il mondo tra le mani” (v. la scena finale del cortometraggio…).

Altri “oggetti” simbolici

Il cortometraggio, in ogni caso, presenta tanti altri aspetti simbolici che daranno allo spettatore la possibilità e la libertà di interpretare quanto sta vedendo.

Alcuni esempi:

1. Le scarpe dipinte durante la quarantena… per dire che anche nelle difficoltà, si può “camminare a colori”, si possono imparare passi nuovi, come in una danza. Oggi facciamo fatica ad accettare le difficoltà e le paure e le scarpe colorate rappresentano una speranza, specie per i giovani …

2. Il tatuaggio con la scritta “aletheia” rappresenta il desiderio di dire a tutti che si è affamati di “verità” e di autenticità. Specialmente oggi diventa difficile calare le maschere davanti agli altri!

3. Il moschettone, da banale strumento di protezione da eventuali scivolate potrebbe essere simbolo di chi nella vita ci ha già “salvati” dai ruzzoloni e dalle cadute improvvise e future.

4. Una mazza da Baseball. Ogni sport nella vita di un adolescente esalta e rinforza il desiderio e il bisogno di sentirsi squadra…

5. Il diario segreto, regalato per invitare a “calare le maschere” almeno con se stessi. Primo passo per comprendere anche le maschere degli altri.

6. Il “telecomando” di una TV, un “mouse” per un PC o uno “touch screen” che con un tocco aprono gli occhi sul mondo. Sono state inserite volutamente delle Clips simboliche: Un carro armato che “si mangia” un’auto come se fosse un topolino (v. la scena iniziale del preside che impedisce al violinista di farsi applaudire per primo o dei genitori che lottano per le bolle di sapone. Entrambe confermano gli atteggiamenti di  competizione che si riversano automaticamente sui rapporti iniziali tra Giulia e Kevin). I camion militari che portano via le bare dei defunti per covid a Bergamo, come segno della sofferenza di tanti adolescenti e di tutta la popolazione mondiale che si è trovata a vivere improvvisamente nell’ incubo di un “mondo malato”. (Come si può stare bene in un mondo malato?). E poi le scene del Po in secca: simbolo di una siccità che colpisce delle zone o delle nazioni come conseguenza proprio di questo “mondo malato” e senza equilibrio nell’uso delle risorse naturali.

7. Le cuffie per ascoltare musica e un nonno che dona la sua “fede nuziale” per incoraggiare e l’amore di una nipote per il canto e la musica, per dire il ruolo importante della musica nella vita di tutti, ma soprattutto per i giovani.

Gli adolescenti e i giovani possono esprimersi in tanti modi: si tratta solo di aiutarli a comprendere quale strada possono intraprendere oggi (non solo domani), per una vita serena e aperta a tutti.

Possono fare della loro esistenza una bella musica, una “espressione armonica” del presente e del futuro.

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